L'apparizione del Risorto tra i suoi, raccolti nel cenacolo, si presterebbe a toni trionfalistici: Gesù ha vinto, ha trionfato sulla morte e, se si vuole, anche sui suoi nemici. Ricompare tra i suoi e dona la pace.
Tutto sembra essere tranquillo e tranquillizzante. Un tono da «E vissero felici e contenti». Ma a quanto pare i vangeli non amano i finali soporiferi. Secondo Giovanni, infatti, subito dopo essersi fatto riconoscere e aver donato la pace, Gesù invoca lo Spirito Santo, che già è dono impegnativo, significativo e spiazzante.
E, come se non bastasse, getta subito i discepoli in una missione impegnativa e che potrebbe anche sembrare non entrarci nulla: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non li perdonerete, non saranno perdonati».
Decisamente non c'è spazio per rilassarsi... perché un discorso simile? Verrebbe da pensare che Gesù si prepara a lasciare la storia, e quindi la affida ai suoi discepoli, chiamati a fare ciò che fino a quel momento il Signore aveva assunto su di sé. Un condottiero che ritorni tra i suoi, vincitore, avrebbe assunto tutti i poteri su di sé, rasserenando sulla propria capacità di rispondere a tutto. Gesù invece affida a noi le scelte, si fida di noi, ci chiama a impegnarci in prima persona nella storia. Ecco perché parla di questo compito subito dopo aver donato lo Spirito!
La sua vittoria sulla morte non significa che gli deleghiamo tutto, ma anzi ci affida la piena responsabilità in questo mondo.
II Domenica di Pasqua C ⇒Leggi il vangelo secondo Giovanni 20,19-31