Da un po' di tempo, alle volte, mi capita utilizzare una funzione del telefono particolare. È quella grazie alla quale puoi dettare i testi dei messaggi. Trovo questa modalità di scrittura divertente.
Persino comoda quando, per esempio, stai camminando. Certo, ogni volta è comunque necessario ricontrollare il testo perché il cellulare rischia spesso di fare degli strafalcioni non indifferenti. Questo accade soprattutto quando non si scandiscono bene le parole. Così "ho trovato” diventa "o trovato"; "l'auto" diventa "lauto", "dettare" diventa "totale" e così via...
L'altro giorno, dovevo scrivere a una persona "ci sono", per indicare che l'aspettavo sotto casa. Il cellulare, imperterrito, continuava a scrivere "chi sono", anche dopo miei inutili e ripetuti tentativi.
"Chi sono".
Lo chiedo ad un'altra persona? Chi sono per te? Che rappresento per te? Chi sono per gli altri? Che valore ho per gli altri? Oppure è una domanda che rivolgo a me stessa? Chi sono? Oltre al nome e cognome...? Nel vortice di domande mi è venuta in mente, così, una buffa vignetta di Cavez, "Parto alla ricerca di me stesso. Se mi dovesse trovare qualcun altro, mi avverta subito!".
Riguardando il telefono, però, mi sono resa conto che non c'era un punto di domanda "Chi sono?". Ma un punto: Chi sono. Allora le cose cambiano...
Dire "Chi sono", riconoscere "Chi siamo" è, forse, ammettere, dichiarare il proprio valore come persona. È rispettarsi.
Costruire il "Chi sono" è anche un cammino di scelta quotidiana, sicuramente non privo di scogli. Ma si sa, gli scogli, gli ostacoli possono essere visti come possibilità di migliorare, di diventare, di essere.
E anche gli errori che ci sono si possono trasformare in momenti di riflessione e opportunità di crescita per capire sempre meglio "chi sono".