Sento squillare il telefono. È un messaggio. Sto guidando, quindi deve aspettare. Continuo ad ascoltare distratta una canzone alla radio... non mi piace. Sono arrivata a destinazione.
La radio dice "Ora è tardi anche se piangi". La spengo. Spengo l'auto e prendo il telefono. Il messaggio è di una mia ex insegnante. Vuole condividere con me una notizia sconvolgente. Le sue parole mi travolgono. Hanno dichiarato la morte celebrale di una sua alunna. Si è suicidata. "Silvia, per favore, prega". Poso il telefono, mi sento mancare. Respiro lentamente. Sono senza parole. La preghiera è silenziosa, è faticosa. E dentro di me c'è solo una grande domanda... perché? Penso a lei, alla sua famiglia, alla mia insegnante, ai suoi colleghi e a tutti i compagni di scuola di questa ragazza. Penso ai miei alunni. Passo in rassegna i loro volti, uno ad uno. Penso alle loro qualità, le loro potenzialità e anche alle paure e ai loro disagi.
Si poteva prevenire? Si poteva capire? Si poteva evitare? C'entra la scuola? Gli educatori che potevano fare? E gli amici? Ne aveva? Le domande si affollano nella mia mente senza fermarsi. Chiudo gli occhi. Mi viene da piangere. Affido questo dolore, quest'impotenza perché "Ora è tardi... anche se piangi", le parole della canzone mi risuonano in testa.
Cerco un conforto che non arriva.
Poi la mente fa voli pindarici e improvvisamente mi ritrovo a pensare a Dante Alighieri che nella sua Divina Commedia, pur condannandoli, descrive così, con comprensione e compassione, i suicidi "Libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta". Quanta verità c’è in questa frase così antica e apparentemente lontana da noi? Forse che, in quel gesto estremo, non c'era una ricerca di libertà, una via di fuga da un mondo che, per quella giovane, era diventato stretto e magari incapace di ascoltare il suo grido di aiuto? È terribile pensare che qualcuno arrivi a sentire la libertà solo in quel modo, come un sollievo dalla vita stessa… Forse il vero dramma è quando il peso del dolore diventa più forte della speranza, e il mondo attorno non riesce a tendere una mano in tempo…
Cosa può fare la scuola? Cosa ci racconta oggi Dante? Cosa racconta a dei giovani adolescenti?
Credo che la letteratura, lo studio e la cultura possano avere un potere straordinario nel processo di sublimazione, di trasformazione di emozioni e sofferenze in esperienze di crescita e comprensione. In momenti di crisi, questi strumenti possono diventare rifugi sicuri, ma anche vie per esplorare e dare senso al “caos” che alle volte ci circonda o che è solo dentro di noi. La lettura ci permette di entrare in mondi diversi e di vedere la nostra realtà da prospettive nuove. Ci consente di riflettere sulle esperienze degli altri. Possiamo sentirci meno soli, e, talvolta, trovare nelle parole degli autori risposte a domande che non sapevamo neanche di cercare.
Studiare ci invita a esplorare idee, storie, vite che possono aiutarci a mettere ordine ai nostri pensieri, a riconoscere la nostra umanità condivisa e a rielaborare le difficoltà che affrontiamo, dando voce alle nostre ansie, paure, e speranze, rendendole più comprensibili e, alle volte, forse più tollerabili…
Questa notizia che mi ha molto turbata, ha sollevato in me una marea di domande, ma anche una riflessione profonda sul nostro ruolo come educatori, come persone parte della grande società umana.
La scuola, di certo, ha i suoi limiti, ma noi insegnanti non possiamo mai fermarci nell'ascoltare. Dobbiamo imparare a vedere oltre le apparenze, per sostenere chi sembra lottare in silenzio. Di sicuro non possiamo fare tutto, ma possiamo sempre fare di più. E, soprattutto, possiamo essere presenti, offrire uno spazio di ascolto e comprensione.
La vita è fragile, e la ricerca di libertà di cui parla Dante è forse un invito a non dare mai per scontata la ricerca di felicità di chi ci sta vicino… Una libertà autentica si realizza nel rispetto, nell’empatia e nella consapevolezza che siamo parte di una rete di relazioni profonde, quelle da cui, forse quella dolce ragazza si è sentita isolata e privata…
Libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.