Ci sono momenti nella vita in cui ci pare di incontrare persone senza cuore. O meglio ci sembra che le situazioni con cui veniamo a contatto siano così tristi, crudeli che il cuore manco ci viene più in mente.
Ci sentiamo anche noi privati di qualcosa che fino a ieri ci dava coraggio. Come riusciamo ancora ad accendere la televisione, a leggere un giornale? Migliaia di bambini muoiono letteralmente di fame, anziani piangono figli e nipoti in una guerra, in guerre senza sbocchi, i potenti pensano a riarmarsi. Anche l’Italia si adegua a questi ragionamenti.
C'è solo un posto per trovare un po’ di senso a tutto ciò: cercare dentro di noi, in profondità. Ci riesco se faccio silenzio, cerco qualcosa che ridà senso, che accende una speranza. A volte trovo, a volte no, ma cerco. Forse il cuore, quello che dovrebbe dare significato a tutto non c’è più? Ritrovare il cuore può avviare la possibilità di ancora amare, impegnarsi, non perdere tutte le speranze.
Forse lo avevo un cuore, le vicende della vita pare lo abbiano annientato e allora cerchiamo, cerchiamo con calma, convinzione, pazienza e tenacia, ancora e ancora… Può accadere qualcosa di particolare che ce lo fa ritrovare. Può cominciare un ordinamento nuovo. Non razionale.
La giornalista Mariam Abu Dagga, uccisa all’ospedale di Gaza, ha lasciato scritto al figlio adolescente: «Voglio che tu tenga la testa alta, che studi, che tu sia brillante e distinto, e che diventi un uomo che vale, capace di affrontare la vita, amore mio. Non dimenticare che io facevo di tutto per renderti felice». Sapeva di essere in pericolo!