Un miracolo, l’atteso abbattimento del muro di Berlino, pezzetti di calcinacci strappati come ricordo. Nel 1989 sembravamo tutti convinti di aver raggiunto, con la sua caduta, un traguardo.
Da tempo sognato, inseguito e finalmente realizzato. Diventato meta di pellegrinaggio laico, di pezzettini spezzati e distribuiti come ricordo, come cimelio, memoria di un “mai più”. Dipinto a colori vivaci e con scene significative quello non buttato giù con i picconi. Vago ricordo.
Come è stato possibile dimenticare che cosa aveva rappresentato? Eppure sì, è accaduto. Altri muri sono sorti, prima un po’ precari e provvisori, poi sempre più solidi, alti, forti… Ci sono le barriere di cavalli di frisia a est per impedire l’arrivo dei profughi afghani, pakistani, quelli della rotta balcanica, con studi per renderli più saldi. Lungo, lungo è il muro in Palestina, alto, di cemento, anche quello a tratti disegnato e vivace, a Betlemme, ma sempre muro. Barriera che si attraversa a fatica, sottoponendosi a controlli quotidiani, pesanti, fastidiosi, non tanto per i turisti quanto per i residenti, giornalmente, quotidianamente…
Eppure è affascinante oltrepassare i confini, quelli materiali e quelli più personali e intimi, per scoprire cose nuove, metterle in luce, gioirne con altri.
Jhon Trudell, attivista per i diritti umani ed attore statunitense, di origine nativa americana, scomparso nel 2015, scriveva: «Il chiudere le vostre porte non ci chiuderà mai fuori, il chiudere le vostre porte può solo chiudervi dentro». E non è mica bello …