Tutti i conflitti “trovano la loro radice nella dissolvenza dei volti”. Questa frase, pronunciata da don Tonino Bello più di trent’anni fa, si rivela oggi di una drammatica attualità.
Papa Francesco individua nella dissolvenza dei volti un male subdolo che colpisce l’informazione mediatica. Intorno a quella radice cattiva, nel Messaggio del Papa ruotano e si intrecciano altre parole che suonano come antidoto: responsabilità, speranza, bellezza, mitezza, rispetto. Parole che si sostengono reciprocamente: non c’è bellezza senza mitezza, né mitezza senza rispetto e responsabilità e tutte insieme fanno nascere speranza. Sperare non è “passivo ottimismo, al contrario una virtù capace di cambiare la vita”. Essa è sostenuta da scelte quotidiane compiute con il coraggio di guardare il volto dell’altro.
La comunicazione non è solo quella dei media, è costitutiva del nostro esistere, perciò la richiesta urgente di papa Francesco di “disarmare la comunicazione” dall’aggressività è per tutti e richiede lotta interiore da compiersi quotidianamente.
Nella comunicazione dunque occorre scoprire “le pepite” di bene. Pepite appunto, pagliuzze per trovare le quali occorre un lavorio paziente, costante, faticoso su di sé. È la proposta di un nuovo stile di vita da costruire. “I cristiani non sono anzitutto quelli che parlano di Dio, ma quelli che riverberano la bellezza del suo amore, un modo nuovo di vivere ogni cosa”. Alle parole, di cui tutti sono stanchi, per essere credibili occorre sostituire un comportamento, autorevole per dolcezza e rispetto responsabili, incominciando dalle relazioni tra le persone per estendersi a tutte le creature animate e inanimate.
Messaggio sempre nuovo, mai realizzato pienamente.
Circa 400 anni fa padre Médaille scriveva alle anime che aspirano alla perfezione. Usava il linguaggio del suo tempo, ma la proposta fatta era la stessa di oggi. Quelle anime possiamo essere noi, quella perfezione non è ancora a portata di mano, ma intuiamo che in essa sta un futuro felice per tutti. Nel pensiero del Papa ci sta il sogno di padre Médaille e ci stiamo tutti, non solo gli operatori della comunicazione ufficiale. A tutti Francesco chiede di superare la malattia del protagonismo, sradicando le cattive abitudini per vincerle con coraggiosi atti contrari dove mitezza e dolcezza animano la speranza in un mondo migliore.
Chiede di guarire dall’autoreferenzialità per imparare a camminare insieme verso un’esistenza più giusta senza aspettare oltre, subito, nel tempo e nell’ambiente in cui la vita ci porta a vivere.