Ogni tanto, su un mare di normalità che spiega i compiti della donna in famiglia, nella società, nel lavoro, nella politica, si alza la bandiera dei paladini della sua emancipazione ed uguaglianza.
Sembra un movimento ciclico. O forse ancora peggio, impantanati nelle sabbie mobili dell’indecisione, non si riesce ad individuare, per esempio, il sostituto del Presidente della Repubblica in carica. Non sapendo decidere “è arrivato il momento di far salire una donna al Quirinale”. E allora ogni giorno un nome nuovo, con l’elenco delle qualità, delle competenze, di quanto quella persona potrebbe giovare alla nazione. Si invoca l’arrivo della personalità che salva il momento critico e … abbiamo anche innovato. Nell’arco di una giornata sparisce dai radar!
La donna non è lì per abbellire una facciata o togliere dalle grane e dare lustro all’istituzione.
L’uguaglianza, il rispetto, il riconoscimento delle doti sono di tutti i giorni, in ogni ambito o non sono. «Non ho nulla contro le gonne, io le amo e le indosso anche in situazioni professionali. Ma lo scelgo io e nessuno me lo impone». Lo dice una sommelier per giustificare la sua scelta di come vestirsi. Contesta il codice di abbigliamento per quella professione che invece prevede, nel proprio lavoro, una gonna e non i pantaloni. “Cercasi receptionist, massimo 30 anni, automunita, che parli fluentemente l’inglese” questo l’avviso di una società napoletana con l’aggiunta di avere della candidata una foto in costume.
Quanta strada rimane da fare. E neanche tutta dritta e piana!