Una riflessione della calda estate. Mi sento di condividerla dopo aver visto la vignetta di Marco Biani sul quotidiano La Repubblica. Non nego la compassione provata per un recente "affondo".
E credo umanamente dovuta, per le persone decedute nell’incidente accaduto nel porto di Palermo. Giornali e tv ci hanno tenuti informati per giorni sulle indagini volte a scoprire le cause del disastro. Conosciamo nei minimi particolari l’evento, il funzionamento dei meccanismi del veliero, gli sforzi per ritrovarlo sul fondale… A dire il vero da quasi subito qualcosa non mi quadrava.
Perché tutta questa attenzione?
Mi indisponeva, perché là sotto c’è tanta altra gente di cui non conosciamo nome, provenienza, numero.
Ci siamo abituati? Che brutta sensazione!
Poi ho visto la vignetta di Biani, fine illustratore, professionista, oserei dire militante ben orientato, pacifista. Tocca la sensibilità del lettore che ormai ha perso il conto dei barconi, barchini, gommoni affondati nel Mediterraneo. Sovente conosciamo approssimativamente il numero dei poveracci che, dietro pagamento, hanno accettato di avviarsi in un’avventura rischiosa alla ricerca di una vita più degna di tale nome.
È magra soddisfazione la vignetta in sé. A me ha dato il coraggio di scrivere, di condividere questo sentimento di inadeguatezza di fronte alla vita umana, come se qualcuna fosse più importante di un’altra o più degna.
Ancora un’osservazione: è fondamentale trovare informatori, divulgatori, professionisti coscienti e indipendenti che ci consentano di non assuefarci e ci aprano sipari chiusi, perché troppo consueti!